Silvia Gioja: la determinazione, la capacità e la qualità “made in italy” esportata all’estero.

Dopo aver letto attentamente l’intervista dell’Ing. Gioja ed aver più volte esaminato il suo CV su Linkedin, mi è davvero difficile riassumere in poche parole quella che è la sua esperienza e la sua personalità. Cercherò di farlo citando le sue stesse parole:

“Al di là di qualsivoglia attestato: cultura, esperienza, aggiornamento sono una conditio sine qua non si possono ottenere risultati di qualità.”

Una donna dalle idee molto chiare, dalla comprovata esperienza sia in Italia che all’estero, con una forte motivazione al costante miglioramento. Ma lasciamo la parola direttamente a lei che ci racconta con estrema chiarezza e dovizia di particolari ciò che ha raggiunto nel corso del suo cammino professionale e ciò che immagina in un prossimo futuro.

  • Quale è stato il percorso che l’ha portata a ricoprire il ruolo di BIM Manager nella società Arcadis Belgium?

Senza risultare troppo analitica da un lato, stilando con riferimento alla norma UNI 11337 una lista di requisiti che per sua natura non può essere che sterile ed incompleta, e senza essere troppo riduttiva, dall’altro, per diventare un BIM Manager occorrono esperienza e capacità non solo tecniche ma anche comunicative e relazionali; per svolgere tale attività presso Arcadis oltre tali caratteristiche è fondamentale possedere la giusta forma mentis in linea con i principi dell’azienda.

Idealmente tale quadro è ottimizzato dall’avere avuto collaborazioni a livello internazionale ed aver diversificato la propria attività in ambito pluridisciplinare.

Nel mio caso, l’iter per raggiungere tale funzione è stato caratterizzato da un climax ascendente connesso alla ricerca di una condizione migliore sia a livello lavorativo che privato; in tale quadro collaborare in BIM per progetti di ampio respiro come la metro di Doha e quella di Parigi ha contribuito in maniera decisiva alla mia crescita da operatore a coordinatore BIM. Evoluzione che ha richiesto flessibilità e disponibilità a rimettermi duplicemente in gioco ad ogni sfida. La metodologia BIM ha di conseguenza plasmato le mie abitudini ed il mio stile di vita in entrambe le sfere lavorativa e privata, tanto da rendere i due aspetti inscindibili.

Una considerazione necessaria per chi desideri iniziare ora un percorso BIM che magari conduca ad un ruolo manageriale e a un‘identità ibrida similmente a me è che comunque oggi nonostante le ancora pesanti lacune non solo legislative del sistema BIM in Italia credo sia più facile proiettarsi verso tale mondo rispetto ai tempi del mio primo approccio (con Revit). Appartengo infatti alla generazione che ha vissuto durante l’esperienza universitaria la transizione disegno a mano-CAD e poi la conversione CAD design-Object Oriented Design (BIM) in quella finale degli studi/lavorativa.
La quantità di offerta -formativa e lavorativa- di BIM rispetto a quando ho iniziato “solo” sette anni fa è aumentata esponenzialmente.

A livello formativo, all’epoca all’università di BIM si parlava saltuariamente ed in maniera frammentata, i testi di riferimento in italiano erano ben pochi e non esisteva il pullulare di corsi e certificazioni di oggi; sul piano lavorativo, erano più limitati sia la rete di colleghi con cui potersi consultare che il numero di commesse in BIM. La maggiore offerta attuale comunque non costituisce necessariamente un pregio, anzi, qualora la crescita della qualità non avvenga parallelamente. Ad esempio, gli autori di tanti testi reperibili sul mercato sono persone solo parzialmente coscienti delle reali problematiche, essendo più attive in campo accademico che pratico.

A livello lavorativo, spesso poi il conseguimento di una certificazione o di un corso seppur non supportato da alcuna esperienza viene frainteso come garanzia di capacità concreta o equivalenza al valore di anni di lavoro.

In generale, un aspetto che vedo a volte invariato rispetto al passato è l’erronea convinzione purtroppo ancora troppo radicata che BIM=(solo) render e/o facilità di rappresentazione 2D/3D rispetto a un lento CAD oppure BIM=un software specifico. Uguaglianze pericolose, che conducono da un lato a trascurare gli aspetti non di competenza di quel particolare programma (es. uso esclusivo di software parametrici per il design ma di nessuno orientato alla clash detection) e dall’altro ad architetture come scatole vuote senza la “I” di Informazione, la cui condivisione dovrebbe restare 2 l’aspetto più di rilievo di un progetto svolto in BIM. Non definendo in modo appropriato l’AIM (Asset Information Model) per lo scambio e la gestione efficace di dati sugli asset, diventa difficile migliorare i processi decisionali durante il ciclo di vita dell’organismo ed il BIM decade dal suo ruolo chiave nell’Ergotecnica del settore costruttivo.

E spesso anche la gestione della rappresentazione stessa non è ottimale. Una maestria nella realizzazione di un modello non significa abilità nella comprensione dello spazio prospettico (per esempio non esclude l’ignoranza totale riguardo cosa sia una prospettiva a quadro inclinato); carenza nel “saper vedere” legata in parte a lacune di geometria descrittiva, cui ha contribuito l’automatizzazione che senza sforzi permette di ottenere il risultato tramite l’ausilio di un mezzo informatico che si sostituisce a cervello, carta e pennini.

Con il risultato che se a mano o in CAD bisognava pensare spazialmente (e in termini di ombre, sezioni, proiezioni ortogonali..) per rappresentare il volume, adesso chiunque senza un minimo di conoscenza di tecniche di rappresentazione potrebbe impostare con un software (seppur con i problemi evidenziati poc’anzi) le viste di un progetto. Rischio da accettare tuttavia, d’altronde “il processo BIM è rivoluzionario perché offre l’opportunità di migrare da prassi incentrate sulle abilità umane verso
abilità meccaniche più elevate e moderne – con tutte le implicazioni del caso
” (“What is BIM?”, ChuckEastman, 2009).

Senza fraintendimenti, non sono una nostalgica dei lavori ripetitivi, noiosi e paralizzanti per cui si impiegava tanto tempo in passato, il che costituirebbe un controsenso ed un anacronistico passo indietro vista la mia attività, bensì vedo il vantaggio di snellire il lavoro offerto da alcuni strumenti come un reale vantaggio solo qualora supportato da un background di conoscenze (senza dover aver fatto il tutor universitario di disegno come me).
Al di là di qualsivoglia attestato: cultura, esperienza, aggiornamento sono una conditio sine qua non si possono ottenere risultati di qualità.

  • Per quanto riguarda la sua esperienza in Belgio, di cosa si sta occupando in merito alla metodologia BIM?

Lavoro nel reparto di infrastrutture di una delle sei sedi con cui Arcadis opera in Belgio, quella di Berchem, a sud di Anversa, la città più popolata della regione delle Fiandre.

Mi occupo, da un lato, di standardizzazione (non solo nell’ambito dell’ufficio ma anche ad un livello superiore sviluppando best practises, linee guida, template con colleghi che stanno lavorando nella stessa direzione per discipline diverse o in regioni diverse dalla mia); dall’altro, della coordinazione di progetti (principalmente progettazione e manutenzione con software e piattaforme Autodesk di ponti, strade, metro e tunnel) di dimensioni ed importi notevoli ad Anversa e nelle Fiandre in generale con particolare attenzione alla qualità del prodotto presentato al cliente (posti d’onore la coordinazione fra discipline e la clash detection).

Sono inoltre un Digital Ambassador dell’azienda e mi occupo pertanto anche di sensibilizzare i colleghi ed i clienti sul BIM (per esempio con impartizione di training per BIM360, il common data environment che usiamo maggiormente e software come Navisworks) e sul digitale in genere (con particolare attenzione alle sue quattro realtà customer experience, platform, data, ecosystem) senza dimenticare i processi (con un occhio di riguardo per il “Design thinking”).

  • A tal proposito, ci descriverebbe uno dei progetti che ha seguito evidenziandone gli aspetti principali?

I progetti di cui mi occupo sono ubicati ad Anversa e più in generale nelle Fiandre, un’area in cui sono in fieri innumerevoli interventi attenti alla sostenibilità.

“Knoop Zuid” e “Renovatie Tunnels Vlaanderen” sono due fra i più iconici interventi di riqualificazione infrastrutturale di cui sono BIM coordinator. Interconnessi fisicamente fra loro, entrambi si distinguono per dimensioni, complessità, varietà, tooling e software.

Tunnel delle Fiandre: nella regione fiamminga si è reso necessario il rinnovo di tunnel, essendo stata gran parte di essi costruita negli anni ’60-’70. Ad Arcadis viene richiesta la restituzione geometrica ed informativa dell’esistente ma anche il progetto della ristrutturazione impiantistica, con modelli distinti per le varie discipline da usare per l’intero lifecycle dell’asset.

Per quanto riguarda estensione e dimensioni si tratta di 24 tunnel lunghi più di 200 metri con elevate intensità di traffico, spesso in densi contesti urbani. Conteggio in cui sono compresi i tunnel (carrabili, ciclabili, pedonali) come il Kennedy Tunnel che collegano sott’acqua le due sponde del fiume di Anversa, il Linkeroever e il Rechteroever, rispettivamente sinistra e destra. Nonostante le accattivanti proposte di ponti di design firmati da architetti come Léon Stynen, l’opzione di costruire tunnel
sommersi piuttosto che ponti è risultata la soluzione vincente rispondendo alla necessità di non avere interferenze lungo i percorsi commerciali navigabili (in primis la Schelda), fattore che per una città che è il secondo porto d’ Europa è di fondamentale importanza.

La complessità e la conseguente difficoltà di decifrazione degli organismi spesso caratterizzati da sistemi impiantistici cervellotici si riflette nell’arduo lavoro di riproduzione della realtà esistente nei modelli, che comporta il rischio di interferenze fra elementi di diverse categorie.

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Inoltre il sistema tunnel non è scindibile dall’ambiente in cui risulta inserito, circostanza che comporta la necessità di integrazione col GIS (“Geographic Information System”) fornendo anche il contesto modellato in Infraworks a partire dai database.

Alla complessità spaziale e di informazione, si aggiunga la difficoltà nel reperire fonti valide ed aggiornate. La disponibilità di soli pdf delle tavole originali dell’epoca e le imprecisioni da ciò derivanti hanno reso indispensabile l’acquisizione di nuvole di punti, utilizzate nell’usuale modus operandi come punto di inizio per riprodurre la situazione esistente. In funzione poi della varietà di caratteristiche (tunnel rettilinei/curvilinei, subacquei o no, di calcestruzzo/acciaio per esempio) lo sviluppo del modello può risultare molto diverso fra un elemento e l’altro rispecchiando differenti tecnologie costruttive e richiedere specifici tooling e software (per es. script di Dynamo).

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In concerto col cliente, a livello di data management è stata realizzata un’Object Type Library (OTL) focalizzata sugli asset dei tunnel, comprendente una definizione di tipi, attributi ed interrelazioni di oggetti. Inoltre con l’ausilio per di strumenti come la VR le migliori soluzioni vengono testate, validate ed approvate coinvolgendo anche l’utente finale.

In tal modo il BIM consente al cliente di raggiungere un più efficiente workflow sostenibile per una più performante e più sicura definizione di tunnel.

Knoop Zuid (=”nodo sud”), come suggerito dal nome, riguarda una giunzione di traffico dell’area meridionale di Anversa delle cui strade e ponti è previsto il rinnovo.
Posto sulla sponda destra corrispondente alla città consolidata, è connesso tramite il trafficatissimo e cinquantenne Kennedy Tunnel al Linkeroever, la più recente area di espansione verso ovest che nel 1933 richiamò fra i vari l’attenzione di Le Corbusier il quale vi propose un polo moderno ispirato alla “Ville Radieuse”, chiara ispirazione per Chandigarh vent’anni dopo.

KZ_1 con kennedy tunnel

In riferimento alle dimensioni Knoop Zuid fa parte di una visione ancora più ampia, ovvero del “Grote verbinding”, il progetto di ristrutturazione urbana più ambizioso di Anversa che tenta di fornire la soluzione dei più urgenti problemi di mobilità della città, rendendo più fluide le connessioni grazie alla chiusura planimetrica del Ring (“il grande collegamento”) e, al tempo stesso, la soluzione per il miglioramento della qualità dell’aria con la creazione addirittura di una copertura verde del Ring.

KZ_2 con kennedy tunnel

Per avere un’idea delle dimensioni dell’intervento si pensi che già solo il modello federato di tutte le strutture esistenti relativo solo a Knoop Zuid, comprendente l’integrazione BIM-GIS, occupa un’area di 150 ettari, di cui più di 15km riguardano modellazione di corridor in C3D! Una superficie equivalente a più di 65 volte la Basilica di San Pietro.

In relazione alla complessità e varietà di discipline ed oggetti inseriti di cui tener conto per la clash detection, specifici sono i tooling e software utilizzati per un ottimale design e un’adeguata verifica.

Per i 17 ponti esistenti modellati in Revit seguendo le tavole di costruzione dell’epoca, essendo state purtroppo acquisite nuvole di punti solo in un momento successivo alla modellazione, si è reso necessario sviluppare script per allineare i 3D con la reale situazione, che risultava differente avendo nel tempo le strutture subito cedimenti nel terreno.

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Last but not least, fiore all’occhiello del progetto è la costruzione di un Object Type coding con estrazione automatica di dati da usare per il Cost Management in combinazione con Power BI, che è valsa il primo premio come progetto BIM infrastrutturale più innovativo del 2019 in Belgio.

  • Ci descriverebbe, attraverso il suo punto di vista, lo status attuale dell’utilizzo della metodologia BIM in Belgio?

Ancora una volta occorre distinguere quantità e qualità.

A livello quantitativo, un sondaggio della VCB (“Vlaamse Confederatie Bouw”), in collaborazione con altri istituti di costruzioni (NAV, WTCB, ORI) ha evidenziato che la percentuale di uso del BIM nel 2019 nelle società di costruzione belghe varia molto in funzione della dimensione dell’azienda (solo il 5% delle aziende con meno di 5 collaboratori usa il BIM, il 10% se la dimensione è fra 5 e 20, il 45 % circa se superiore a 20).

Paragonando tali numeri con il resto dell’Europa, ci sono sia situazioni più arretrate, che più evolute (per esempio Paesi come Finlandia ed Olanda che si sono pionieristicamente posti obiettivi ambiziosi ancor prima che la Direttiva Europea 2014/24 raccomandasse la dematerializzazione delle procedure ed il BIM negli appalti pubblici), perciò apparentemente il Belgio si attesta nella media.

Anche se anche in tal caso quantità non implica qualità. Occorrerebbe considerare statistiche più approfondite riguardo la transizione digitale in cui siano evidenziati non solo i dati percentuali relativi
all’adozione della metodologia, ma anche per esempio il livello di maturità raggiunto dai diversi Paesi nell’applicarla.

In riferimento a strategia organizzativa, processi, persone, gestione dei dati e tecnologia un numero limitato di aziende in Belgio finora ha raggiunto il BIM Level 2, secondo il modello di maturità BIM di Bew-Richards, adeguando processi e sistemi e dimostrandone l’applicazione ai progetti al fine di effettuare la transizione dallo standard britannico PAS 1192-2 al nuovo standard internazionale ISO 19650-2.

Inoltre potrebbe risultare interessante distinguere per il Belgio quale è il contributo ai risultati della statistica apportato dalle diverse regioni (Fiandre, a prevalenza di lingua fiamminga, Vallonia, di lingua francese e Bruxelles), per capire se il divario che si registra in altri ambiti per le tre zone risulta anche nel settore BIM e nel caso analizzare le ulteriori ragioni che ne frenano la diffusione in alcune aree ed avviarvi una politica di sensibilizzazione ai benefici del BIM.

Diversi enti sono comunque al lavoro al fine di supportare il progresso del BIM in Belgio e per ottenere una maggiore uniformità d’applicazione. Un paio di esempi: WTCB ed AWV.

WTCB ha redatto un protocollo BIM belga e un BEP (“Bim Execution Plan”) con i relativi manuali di istruzioni entrambi scaricabili facilmente e gratuitamente per fornire un input all’implementazione dei processi.

AWV (l’Agenzia per le strade ed il traffico) è un riferimento nel quadro BIM belga in particolare per la definizione di un’OTL (Object Type Library) via Property Sets in Civil3D, lo sviluppo di risorse utili come le specifiche standard e l’impegno verso soluzioni in Forge. Essa fra l’altro è un esempio di committenza grazie alla cui consapevolezza è stato possibile esprimere al massimo le potenzialità di progetti come Knoop Zuid ed i Tunnel.

  • Guardando al futuro, qual è uno degli aspetti del BIM che le piacerebbe sviluppare?

Vorrei raggiungere una visione quanto più olistica dei progetti per garantire al cliente e all‘utente finale soluzioni ottimali. I progressi radicali in termini di efficienza, qualità, responsabilità sociale che vorrei venissero compiuti dai progetti sono possibili solo nel caso di associazione del bim con altri paradigmi complementari quali i principi del lean manufacturing, la progettazione edile off-site, la progettazione integrata (IPD Integrated Project Delivery), la sostenibilità e le smart city.

Di tali interazioni strategiche vorrei continuare ad approfondire in particolare quella BIM+ “lean construction per perseguire miglioramenti continui e contestuali nei processi per assicurare valore a tutti gli attori, facendo eco ai principi del miglioramento continuo (kaizen) e del rispetto per le persone introdotti dal “lean thinking” del Toyota Production System (TPS).

Per il settore AEC, il generative design -e ancora prima il parametric ed il computational design – diventano quindi fondamentali in tale ottica essendone l’Autonomation (smart automation) uno dei pilastri.

Percorso di crescita anche a livello personale che si riflette immancabilmente in un miglioramento per l’azienda. La speranza infatti è di dare pur nei limiti della mia attività un contributo essenziale a far raggiungere ad Arcadis Belgium il livello 2 del BIM su tutti i progetti infrastrutturali di rilievo.